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Estetica relazionale

Nicolas Bourriaud

postmedia 2010
170 pp.
-- 49 illustrazioni
isbn 9788874900473




16,90

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Bisogna accettare il fatto, assai doloroso, che alcune domande non vengono più poste... scrive Nicolas Bourriaud nell’introduzione a Estetica relazionale, ma è proprio il tentativo di capovolgere questa dinamica che lo rende uno dei più prolifici e popolari teorici contemporanei. Questo “classico”, scritto alla fine degli anni Novanta, indaga le idee e i principi che hanno reso l’arte relazionale una delle tendenze artistiche più significative degli ultimi due decenni. Quali rapporti intrattiene l’arte con la società, la storia, la cultura? Da dove proviene la nostra ossessione per l’interattività? Dopo la società dei consumi e l’era della comunicazione l’arte contribuisce ancora alle emergenze di una società razionale? In che modo l’arte resiste all’omologazione imperante?

Nonostante le difformità di giudizio espresse dal panorama critico internazionale, non si può non rilevare che raramente un libro d’arte ha ricevuto tanti riscontri da parte degli addetti ai lavori e (anche) di un pubblico generico, e soprattutto che mai, nella storia recente, un testo ha ricevuto tante recensioni e critiche. L’attenzione che autorevoli riviste, come October o Third Text, mostre, convegni internazionali o importanti teorici come Jacques Rancière hanno riservato, anche a distanza di anni, a Estetica relazionale non può che confermare, pertanto, la preziosa intuizione di Bourriaud che l’ha portato a cogliere con estrema precisione gli elementi vitali dell’arte degli anni Novanta.
Roberto Pinto

Come nascono i fraintendimenti sull’arte degli anni Novanta, se non da un deficit del discorso teorico? Critici e filosofi, nella stragrande maggioranza dei casi, sono restii a fare i conti con le pratiche contemporanee, che restano dunque essenzialmente illeggibili: non si può cogliere la loro originalità e rilevanza analizzandole a partire da problemi risolti o lasciati in sospeso dalle generazioni precedenti. Bisogna accettare il fatto, assai doloroso, che alcune domande non vengono più poste e, per estensione, rintracciare quelle che si fanno oggi gli artisti: quali sono le vere sfide dell’arte contemporanea? Quali i suoi rapporti con la società, la storia, la cultura?
Nicolas Bourriaud


Devo ammettere che, dopo la pubblicazione del libro nel 1998, per la maggior parte del tempo mi sono accontentato del ruolo di osservatore della battaglia critica che lo ha circondato. Da un lato, perché le polemiche cominciarono con la traduzione del libro in inglese, all'inizio degli anni 20001, nel momento in cui ero impegnato nella concezione del Palais de Tokyo a Parigi e quando stava uscendo il mio secondo saggio, Postproduction. Dall'altro, perché il primo attacco, iniziato da Claire Bishop sulla rivista October e poi su Artforum, si basava su una parziale visione delle tesi che avevo esposto, deformate dai commenti che vi si erano sovrapposti o da qualche opera che avevano ispirato a posteriori. Insomma, non riguardava tanto il libro quanto i suoi effetti più o meno perversi, non tanto le mie teorie quanto i malintesi che avevano sollevato. Di conseguenza, una cortina di polemiche e pregiudizi ha separato per parecchi anni Estetica relazionale dai suoi lettori.
Nicolas Bourriaud _ introduzione alla seconda edizione




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Nicolas Bourriaud (nato a Niort nel 1965) ha diretto il Palais de Tokyo in collaborazione con Jérôme Sans dal 1999 al 2006. Fin dagli inizi della sua attività, Bourriaud si è distinto per avere portato avanti con coerenza l’attività teorica e quella curatoriale. Oltre ad aver fondato e diretto, dal 1992, la rivista di arte contemporanea Documents sur l’art, Bourriaud è uno dei critici d’arte europei più popolari visto il successo e l’influenza dei suoi tre libri: Estetica relazionale (1998), Postproduction (2002) The Radicant (2009 - in corso di pubblicazione). In veste di curatore ha organizzato numerose mostre: Traffic, CAPC Bordeaux, 1996; Contacts, Fribourg, 2000; Négociations, CRAC Sète, 2000; Biennale de Lyon, 2005... ma fondamentale è l’attività svolta per sei anni al Palais de Tokyo, non solo per la qualità delle mostre organizzate, ma per aver sperimentato nuovi modelli di gestione dei musei contemporanei. Dal 2007 è Gulbenkian curator per l’arte contemporanea alla Tate Britain di Londra.