|
Gianni Colombo
Per pigrizia mentale molti chiedono all'artista la fabbricazione di oggetti
fermi: così per anni gli ambienti si sono riempiti di tavole e manichini la
cui opacità e inerzia ci precludono ormai di sentire i valori di divenire
che in essi sono solidificati sotto forma di simboli.
Da tempo ho cominciato a stabilire sul piano del 'quadro-oggetto'
dei dislivelli, in modo che l'occhio dello spettatore, scorrendo sulla
superficie, fosse costretto a salire e scendere da spessori, ad entrare e
uscire da cavità indagando gli aspetti che la luce in naturale variazione
determinava nel quadro. Questa monografia dedicata a Gianni Colombo (Milano 1937 – 1993) si aggiunge ai numerosi cataloghi di esposizioni collettive e personali dell'artista, pubblicati da istituzioni pubbliche e private. La sua storia si inserisce in quella internazionale della neoavanguardia degli anni Sessanta e Settanta, con cui ha condiviso uno stesso sentimento, orientato a proporre nuove forme e inedite modalità percettive. Il lavoro di Colombo è stato da subito oggetto di una notevole fortuna critica, come testimoniano fra l'altro le numerose partecipazioni alla Biennale di Venezia, dove nel 1968 vince il Premio per la Pittura; fortuna critica che nel tempo si è andata ulteriormente consolidando a livello internazionale. Il titolo del libro introduce il nucleo centrale della sua ricerca artistica, volta alla costruzione/decostruzione della superficie del quadro e dello spazio, con la creazione di oggetti e poi di ambienti abitabili capaci di sollecitare nei visitatori la propriocezione. Se già i lavori prodotti dal 1959, all'epoca della fondazione del Gruppo T, sono forme e immagini in divenire e in alcuni casi manipolabili che, impedendo una loro immediata e unitaria interpretazione, stimolano le dinamiche percettive dell'osservatore, successivamente l'artista declina in modo singolare la poetica ambientale. Infatti, oltrepassando la questione formale dell'opera espansa, i suoi ambienti puntano al rapporto spazio - comportamento e per questa caratteristica si inseriscono nel mondo dell'esperienza, presentandosi non come spazi astratti qualificati dalla loro struttura ma come luoghi del sentire e del sentirsi. L'opera coincide così con l'esperienza che ne fa chi la abita, mentre gli strumenti impiegati per comporla sono leggibili. L'osservatore, a cui Colombo vuole fornire la "regola del gioco", ossia la consapevolezza della concezione e del metodo sui cui si basa il progetto, ha così la sensazione di entrare da protagonista nel corpo dell'arte e, come scrisse Carlo Belloli, di diventare il "centro mobile" di uno spazio senza centro. Questa monografia, che è stata realizzata grazie al supporto dell'Archivio
Gianni Colombo e alle preziose informazioni fornitemi nel corso della
sua stesura da Stefano Boccalini, consulente scientifico dell'Archivio,
si aggiunge ai numerosi cataloghi di esposizioni collettive e personali
dedicate all'artista da istituzioni pubbliche e private.
Il testo non si sviluppa secondo un rigoroso ordine cronologico
collegato alla produzione delle opere e all'attività espositiva, ma per
nuclei tematici.
Il titolo Gianni Colombo. La modulazione dello spazio, nella sua seconda
parte riprende un'affermazione dell'artista che, durante un incontro
organizzato a Roma da Filiberto Menna il 16 aprile 1978 alla Galleria
Nazionale d'Arte Moderna, aveva qualificato i suoi ambienti come
"modulatori di spazio", citando parzialmente il titolo di un'opera di
Lazlo Moholy-Nagy.
La definizione introduce il nucleo centrale della ricerca artistica di
Colombo, volta alla costruzione/decostruzione dello spazio, con
la creazione di ambienti capaci di sollecitare nell'osservatore la
propriocezione.
|
|
|||||
postmedia books | Lucilla Meloni insegna Storia dell'Arte Contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2011 al 2016 ha diretto l'Accademia di Belle Arti di Carrara. Studiosa dell'arte cinetica e programmata, ha pubblicato sull'argomento diversi volumi, tra i quali: Gli ambienti del Gruppo T. Arte immersiva e interattiva (Silvana Editoriale, 2004); Gruppo N. Oltre la pittura, oltre la scultura l'arte programmata (Silvana Editoriale, 2009); Davide Boriani. Arte cinetica, programmata, interattiva (Manfredi, 2018) e ha co-curato nel 2005 la mostra Gli ambienti del Gruppo T. Le origini dell'arte interattiva alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Interessata agli aspetti partecipativi messi in campo dalla ricerca visiva fin dagli anni Sessanta del Novecento, nel 2000 ha scritto L'opera partecipata. L'osservatore tra contemplazione e azione (Rubbettino). Le tematiche relative all'arte di gruppo sono state da lei trattate in occasione del terzo Forum internazionale sulla documentazione e i linguaggi del contemporaneo: L'esperienza dell'arte. Il sentire contemporaneo tra immagine, suono, informazione, trasmissione di cui è stata co-curatrice (PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, Electa, 2010), poi sviluppate nel convegno Italia anni Settanta: gruppi, collettivi d'artista, spazi autogestiti nel decennio della contestazione (Macro Asilo, Roma, 2018) e nel volume Le ragioni del gruppo. Un percorso tra gruppi, sigle, comunità nell'arte in Italia dal 1945 al 2000 (Postmedia Books, 2020). Sulla metamorfosi dell'immagine, tra "differenza e ripetizione", riflette il suo Arte guarda Arte. Pratiche della citazione nell'arte contemporanea (Postmedia Books, 2013), così come la mostra Le immagini reinventate, ordinata al Centro di Arti Plastiche di Carrara nel 2017. Ha curato il volume L'Accademia di Belle Arti di Carrara e il suo patrimonio (Postmedia Books, 2015). E' redattrice della rivista "unclosed.eu". | Compra questo libro insieme a Le ragioni del gruppo
|