cronologia



















01. Sincope

02. Chi sono io oggi?

03. Cristalli

04. Cronologie

05. Cinema esteso

06. Spazi temporali

07. Ritagli di tempo

08. In simultanea

09. Nulla

10. Futuri arrivi

11. Cronometri

12. Appendice: Kairos e Chronos




citazioni

Molta arte proveniente dai secoli scorsi, come le allegorie barocche o i motivi religiosi rinascimentali, richiede una grande conoscenza per poter essere totalmente apprezzata; perché per l’arte contemporanea dovrebbe essere diverso?

Questo libro non è l’appendice a Cinema 1. L’immagine-movimento e Cinema 2. L’immagine-tempo di Deleuze, né il presuntuoso tentativo di scriverne una terza parte che estenda l’indagine alle recenti sperimentazioni post-cinematografiche. Perché no? In primo luogo perché questi abbozzi rompono con alcune presupposizioni fondamentali di Deleuze...

"Il dubbio, sui pronomi, sulla certezza di un io, è l’a priori del mio lavoro" ha dichiarato Stan Douglas. La genealogia del soggetto è sempre anche una cronologia. Se il sé non percepisce se stesso nelle immediate vicinanze di sé ma, invece, realizza cose su se stesso solo tardivamente come suggerisce la teoria freudiana, allora le implicazioni per la soggettività diventano rilevanti.

Tenendo presente il frequente uso dei concetti della fenomenologia, potrebbe sembrare sorprendente che io suggerisca certe forme di "costruttivismo" sperimentale, come quella che trova ispirazione nella dichiarazione di Walter Benjamin secondo la quale l’apparato percettivo umano, lontano dall’essere un dono naturale, è condizionato storicamente e tecnologicamente. In alcuni dei migliori saggi degli anni Trenta, Benjamin immagina una nuova forma di soggettività in sincronia con le tecnologie più avanzate della riproduzione meccanica, una forma di soggetto collettivizzato

L’enfasi sugli aspetti temporali (che qui chiamo cronologici) di questi modi di apparire della soggettività ci porterà a vedere le opere d’arte prese qui in considerazione come tanti tentativi di catturare proprio la dialettica del tempo stesso, una dialettica che per necessità sembra guidarci oltre, verso quel "vuoto senza tempo di una morte nell'oceano" descritto da Tacita Dean o verso le infinite pieghe di una creazione barocca: la macchina temporale, giardino o architettura testuale.

Se, d’altra parte, la funzione strutturante l’io viene totalmente rimossa e ogni traccia corre indipendentemente dall’altra, ci si trova chiaramente di fronte ad un grave guasto dell’apparato mentale nel suo insieme. Si tratta appunto di follia. Ahtila ha definito le sue tre installazioni The House (2002) come racconto di una psicosi.

Aitken spesso ritorna sull’importanza di trovare forme di narrazione nuove e più complesse, cioè, nuovi modi di approcciare la temporalità. Nelle sue installazioni più ambiziose, non si tratta più di spingere il modello lineare del tempo al limite del collasso

Il "cinema altro" di artisti come Almond, Ahtila e Douglas contrassegna certamente un punto nella storia dell’arte delle immagini in movimento. Nelle loro installazioni composte da proiezioni multiple, gli eventi temporali sono "spazializzati" in modo tale da poter essere compresi in termini scultorei e architettonici piuttosto che strettamente cinematografici.

Dunque come si fa a comprendere queste recenti creazioni all’interno della storia della videoarte e della sperimentazione post-cinematografica? Negli anni Settanta, il primo decennio della videoarte, la più comune applicazione spaziale del mezzo era quella del circuito chiuso. Artisti come Dan Graham, Bruce Nauman e Joan Jonas producevano tutti lavori con feedback circolari provenienti da videocamere e monitor in diretta, installazioni che il pubblico era invitato a percorrere.

Molti artisti attualmente lavorano all’interno di una struttura cinematografica, alcuni nel tipico modo analitico degli artisti presi in esame in questo saggio, altri con l’intenzione di creare lavori filmici che trasmettono non solo una narrazione, ma anche una cosmologia. Un esempio calzante è il ciclo Cremaster di Matthew Barney.

Come altri artisti emersi negli anni Novanta, Douglas Gordon ad esempio, Pierre Huyghe ha esaminato gli aspetti tecnologici, così come quelli ideologici dei film come esempio paradigmatico dell’odierna cultura spettacolo.

Se il futuro esistesse in senso concreto come qualcosa che potesse essere concepito da una "cervello migliore", non saremmo tanto sedotti dal passato. Ma il futuro, secondo Nabokov, non è davvero reale. Esiste, ma è uno "spettro dei pensieri". Probabilmente Philippe Parreno vede le cose in modo simile e tuttavia, questo spettro dei pensieri – il futuro – ossessiona parecchio il suo lavoro ed a volte acquista un‘insolita solidità.

Se potesse essere tracciata una storia del sublime americano passando per artisti come Newman, Smithson e Turrell fino alle video installazioni di Aitken, allora bisognerebbe tenere a mente il senso alterato della sensazione del soggetto. L’esperienza sublime venne definita dalla tradizione romantica in termini kantiani come un esperienza appartenente alla capacità interiore del soggetto di comprendere l’infinito. L’immensità di un paesaggio, nella rappresentazione, diciamo, di Caspar David Friedrich, fu vista come una manifestazione delle battaglie interiori...

Molti artisti oggi sembrano interessati alla nozione di obsoleto. Senza dubbio Tacita Dean è molto attratta da svariate forme di obsolescenza e, come lei stessa spiega: " flirta con l’anacronismo, cose che un tempo erano considerate futuristiche e che oggi sono fuori moda". La sua scelta del mezzo, la pellicola invece dell’immagine digitale, è un chiaro indice di questo suo interesse...

L’eterno ritorno, come abbiamo visto, è una necessità che deve essere voluta: solo colui che sono io ora può volere la necessità del mio ritorno e tutti gli eventi che mi hanno portato a ciò che sono.








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