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Dimenticare la fotografia
Se la fotografia non è più fotografia, allora cosa facciamo sui nostri smartphone, macchine fotografiche e computer, caricando, scorrendo, strisciando, salvando, condividendo e stampando? La creazione di immagini è diventata parte integrante della vita stessa. Se questa non è fotografia, allora cos'è? Vedremo che una serie di nuovi termini sono venuti in aiuto dell'immagine fotografica per aiutare a descrivere il suo stato attuale, come tecnico, libero, fluido, soft, operativo, macchinico, non umano e, il termine preferito qui, network image o immagine in Rete. Questi aggettivi vengono utilizzati per descrivere quella che è stata definita fotografia espansa, da un lato, e immagine computazionale o algoritmica, dall'altro.
Perché dobbiamo dimenticare la fotografia e rifiutare la cornice di realtà che essa prescrive e delinea. Il paradosso centrale di questo libro è che nel momento in cui la fotografia viene sostituita dall'algoritmo e dal flusso di dati, le culture fotografiche proliferano come mai prima. L'aldilà della fotografia, per quanto tecnicamente residuale, mantiene una potente presa culturale e rappresentativa sulla realtà, che è importante comprendere in relazione alle nuove condizioni. Dimenticare la fotografia è una strategia per rivelare la storicità ridondante della costellazione fotografica e l'immobilità culturale del suo epicentro, per liberare l'immagine dalle catene storiche della storia dell'arte e della teoria fotografica. Dimenticare la fotografia significa anche rifiutare la cornice di realtà che essa prescrive e delinea, aprendo così altre relazioni tra corpi, tempi, eventi, materiali, memoria, rappresentazione e immagine. Questo saggio cerca di sviluppare un metodo sistematico per rivelare i limiti e le prescrizioni del pensare con la fotografia. C'è un urgente bisogno di andare oltre la fotografia per comprendere l'attuale costituzione dell'immagine e la realtà che essa mostra. Dimenticare la fotografia richiederà un modo diverso di organizzare la conoscenza del visivo nella cultura e un modo diverso di pensare al lavoro di routine e creativo e alle sue pratiche di conoscenza all'interno delle istituzioni e dell'organizzazione della riproduzione visiva. Questo libro sostiene che se vogliamo comprendere la politica della rappresentazione nell'era post-fotografica o, più specificamente, l'immagine alle condizioni della riproduzione capitalistica e computazionale, esiste un prerequisito necessario, ovvero la necessità di "dimenticare la fotografia". Il termine stesso di fotografia è un ostacolo alla comprensione dello stato alterato dell'immagine visiva standard. Il paradosso centrale esplorato da questo libro è il momento in cui la fotografia viene sostituita tecnicamente dallo schermo, dall'algoritmo e dal flusso di dati, in cui le culture fotografiche proliferano come non mai. La fotografia è ovunque, ma non come l'abbiamo conosciuta; da tempo è un non-morto, uno zombie, in cui il linguaggio, il pensiero, i significati e i valori consolidati della fotografia costituiscono un ostacolo alla comprensione della nuova condizione. L'attuale modalità di produzione e circolazione dell'immagine stravolge la rappresentazione visiva e con essa cambia il nostro modo di pensare il genere umano e il mondo. L'immagine è fuggita dalle sue forme analogiche e ora infesta l'intimità opaca dello schermo e le sue astrazioni algoritmiche, creando nuove domande su come comprendere il significato visivo, anzi tutto il significato, nella cultura computazionale e di rete. Questo libro ci lascia in eredità anche la questione di come considerare la vita oltre la morte della fotografia.
Uno dei problemi principali che il libro esamina è che la fotografia, così come è ancora conosciuta, partecipa alla riproduzione della realtà della vita quotidiana, pur sembrando distinguersi come rappresentazione in diversi registri di quella realtà. Inoltre, secondo il senso comune, l'immagine fotografica è considerata sinonimo del riflesso corporeo spontaneo della vista, del vedere naturale, eppure la fotografia è tutt'altro che naturale; è soprattutto un artificio grafico, un codice pittorico bidimensionale di comunicazione simbolica. La fotografia, in quanto parte della riproduzione dei modi di vedere, nel corso del XX secolo si è naturalizzata nel mondo della vita quotidiana come finestra trasparente sulla realtà, oltre a essere adottata come misura scientifica ed espressione estetica. La fotografia si riproduce inconsapevolmente anche come unità fotografica. Al di là delle pratiche della vita quotidiana, la produzione di conoscenza sociale e scientifica legata alla riproduzione è formalizzata a un livello terziario di ricerca commerciale, statale ed educativa, in cui è coinvolta anche la fotografia. Districare le idee sulla fotografia, i modi di vedere e il visivo nella cultura è uno dei compiti che ci si prefigge in seguito. Il visivo nella cultura occidentale contiene un paradosso: la visione umana è sia una proprietà evolutiva dell'occhio e del cervello sia qualcosa che gli esseri umani costruiscono collettivamente...
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Andrew Dewdney | Dimenticare la fotografia | Postmedia Books 2023