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Inclusioni
La catastrofe ecologica ci permette oggi di ripensare lo spazio che le nostre società hanno assegnato all'arte. La creatività, lo spirito critico, lo scambio, la trascendenza, il rapporto con l'Altro e con la Storia sono altrettanti valori insiti nella pratica artistica che presto si dimostreranno vitali per il futuro dell'umanità. Abbiamo bisogno dell'arte per dare un senso alle nostre vite – il sistema bancario ce ne fornirà ben poco. Cercando di delineare e analizzare alcune delle figure estetiche che fluttuano nell'immaginario planetario, questo libro si propone di descrivere le sfide dell'attività artistica nell'epoca del capitalocene e allo stesso tempo di perorarne il riconoscimento come bisogno vitale.
Leggendo la società e l'arte di oggi secondo una chiave di lettura innovativa, Inclusioni segna una svolta nel pensiero di Nicolas Bourriaud. Dopo il relazionale, la postproduzione, il meticciato, esplorati nei suoi precedenti volumi teorici, è ora il momento di includere le categorie marginalizzate dall'ideologia occidentale e capitalista. Ovvero le minoranze, i popoli considerati "primitivi", gli animali, le piante e persino le molecole: insomma il vivente, nel suo senso più ampio. Delineando un percorso erudito ed eclettico che attraversa storia, filosofia, antropologia e arti visive, l'autore evidenzia la necessità di una svolta nel pensiero e nella pratica che rinnovi le categorie tradizionali dell'umanesimo e che aiuti a interpretare l'attuale epoca del "capitalocene". Tra i diversi punti focali del volume figurano il confronto tra artista e antropologo, la rilettura dell'artista contemporaneo come novello sciamano, il totemismo che si cela nel linguaggio dell'arte contemporanea, la visione dell'arte come "energia rinnovabile", la concezione di opera d'arte e di mostra come 'organismo'. Numi tutelari come Lévi-Strauss, Foucault, Bataille e Guattari e pensatori contemporanei come Emanuele Coccia, Levi Bryant, Viveiros de Castro... vengono affiancati ad artisti come Tomás Saraceno, Philippe Parreno, Pierre Huyghe e Anicka Yi: ne risulta un percorso di interpretazione del contemporaneo che attraversa la storia per giungere a sfiorare l'attuale pandemia per dimostrare come l'arte sia "un bisogno vitale" e per dar vita a "un universo di esseri in attività simultanea all'interno di un ecosistema condiviso" dove l'uomo possa assumere finalmente una posizione non predatoria nei confronti degli altri esseri. Contenuti: L'antropocene, un paesaggio relazionale _ L'arte come energia rinnovabile _ Né natura né cultura _ La decrescita estetica _ Critica del pensiero orientato agli oggetti _ Arte e soggettualità _ Ritratto dell'artista come farfalla _ Le avventure del Mana, ovvero l'arte come sostanza _ Estetica relazionale integrale _ L'antropologo polverizzato
____ recensioni L'arte post-internet cui si riferisce il ragionamento di Nicolas Bourriaud critica quella successione di movimenti che consiste nell'indicizzare ogni novità culturale appiattendola sulla tecnologia, critica in sostanza l'importanza cruciale della dimensione del "fare". Una dimensione che ha soppiantato l'idea di intensificare le unicità dei fenomeni della realtà, al tal punto da generalizzare lo spazio della conoscenza nell'ambito altrettanto generico della tecnologia. Operando una parcellizzazione, l'artista individuato da Bourriaud mirerebbe a superare con ciò quell'antropocentrismo residuo dell'arte relazionale per abbracciare il mondo secondo un'ottica di decentramento e di inclusione. Partendo da un ecosistema condiviso, l'arista del Ventunesimo secolo metterebbe di fatto in discussione il dominio di un'arte che si pone come alter ego umano, rappresentante e automa dall'intelligenza artificiale, favorendo così una forma-tragitto decentrata e capace di trasformare il nostro ambiente con una pura forza vitale, un mana. In definitiva il saggio di Bourriaud, scritto in era Covid-19, segna la presa di coscienza del mutamento definitivo di un'arte che cerca la connessione con il vivente e che rispecchi una promiscuità globale dimenticata nell'arco di una millenaria attività umana di sfruttamento del pianeta. Oggi ogni distanza viene riconfigurata. Compaiono nuovi cortocircuiti e nuove vicinanze. Facendo di "distanziamento sociale" la parola d'ordine globale, il virus rimodella le città contemporanee. L'arte? Può reinventarsi solo attraverso il confronto con la promiscuità globale. Porsi come energia sostenibile. Fare affiorare i principi che organizzano lo spazio in una società, come si trasmette la conoscenza, come circolano i segni. La domanda che l'autore pone non è soltanto capire o meglio, immaginare quali saranno le identità molteplici delle arti visive post Covid 19 nello scenario occidentale capitalista, ma piuttosto verte sulla necessità di modificare radicalmente il nostro approccio all'arte contemporanea, quale specchio di mutazioni in atto, ricorrendo a uno sguardo decentrato, laterale, per guardare con nuova sensibilità le diversità culturali e naturali che viviamo, immaginando una riconfigurazione del modo in cui percepiamo lo spazio in una società profondamente cambiata, all'insegna della promiscuità globale, dove l'opera è un agente di conoscenza della complessità, capace di captare segni, germi, vibrazioni, compresi microbi, piante, minerali già diventate merci.
L'opera d'arte è un trasformatore di diversi elementi più o meno carica di energia, simboli e significati a seconda della qualità dei materiali sottesi e dalla sensibilità dell'artista di trattarli. Bourriaud, noto per libri utili per comprendere le evoluzioni dell'arte dagli anni Novanta a oggi, come Estetica relazionale (1998), Postproduction (2002), Radicante (2009) Forme di Vita (2015), editi in Italia da Postmedia Books, con questo saggio carico di citazioni e incursioni teoriche trasversali, apre riflessioni politiche e sociali riguardo all'arte occidentale capitalista. Il libro di Nicolas Bourriaud (Inclusioni. Estetica del capitalocene, Postmedia Books 2020) analizza l'arte alla luce dell'attuale epoca di catastrofe ecologica e climatica, causata dallo sfruttamento sfrenato delle risorse, dalla riduzione del vivente a materia e dato
sottomesso alla legge del capitalismo finanziario, che derealizza, astrae e standardizza l'intero mondo. A questa riduzione dell'essere a mera materia l'autore oppone invece una rivalutazione del vivente inteso in senso ampio e inclusivo: prima di tutto i reietti della storia, che sono stati considerati inferiori rispetto all'uomo, secondo una visione antropocentrica e imperialista che ha
diviso il mondo in due parti contrastanti da Platone e poi da Cartesio in poi: il pensiero e la materia ovvero la cultura e la natura.
Questo libro rivaluta e pone al centro proprio la natura intesa in senso allargato e totale, ciò rispetto a cui l'uomo, a partire dall'immagine di Dio creatore e di dominio susseguente dell'uomo sul mondo, ha creato questa fatale cesura. Centrale quindi
diventa l'idea di relazione, parla al proposito di "paesaggio relazionale" e di "antropologia relazionale", riprendendo la sua fortunata idea degli anni Novanta di arte relazionale, che qui viene allargata dai rapporti sociali a quelli con tutto il vivente animato ed inanimato, comprensivo di batteri, tecnologie, reti e macchine, con un voluto recupero proprio dell'elemento naturale e
del minuscolo, che egli chiama molecolare proprio alla fine del libro, laddove riprende la sua fortunata mostra alla Panacée Di Montepellier del 2018 (Crash-test – La révolution molécolaire) con la descrizione degli artisti compresi in mostra. "Inclusioni. Estetica del capitalocene" apre un
capitolo ambizioso nell'incessante interrogazione
sull'arte contemporanea del critico francese, che
ora espande la riflessione a un confronto con il
vivente e con le logiche del capitale. L'adozione
fin dal titolo del termine "capitalocene", in luogo
dell'ormai onnipresente "antropocene", indica una
chiara presa di posizione politica: coniato dallo
svedese Andreas Malm, "capitalocene" mette l'accento non sulle attività umane in generale, ma più
appropriatamente su quelle determinate dai modi
di produzione capitalistici, orientate al prodotto e,
in un sistema sempre più globalizzato, portatrici
di un potenziale distruttivo su scala planetaria.
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postmedia books | Nicolas Bourriaud (nato a Niort nel 1965 - vive a Montpellier) ha diretto il Palais de Tokyo in collaborazione con Jérôme Sans dal 1999 al 2006. Fin dagli inizi della sua attività, Bourriaud si è distinto per avere portato avanti con coerenza l'attività teorica e quella curatoriale. Oltre ad aver fondato e diretto, dal 1992, la rivista di arte contemporanea Documents sur l'art, Bourriaud è uno dei critici d'arte europei più popolari visto il successo e l'influenza dei suoi tre libri: Estetica relazionale (1998), Postproduction (2002) The Radicant (2009). In veste di curatore ha organizzato numerose mostre: Traffic, CAPC Bordeaux, 1996; Contacts, Fribourg, 2000; Négociations, CRAC Sète, 2000; Biennale de Lyon, 2005... ma fondamentale è l'attività svolta per sei anni al Palais de Tokyo, non solo per la qualità delle mostre organizzate, ma anche per aver sperimentato nuovi modelli di gestione dei musei contemporanei. Dal 2007 è Gulbenkian curator per l'arte contemporanea alla Tate Britain di Londra. Dal 2011 al 2015 è stato direttore dell'École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi e attualmente è direttore del MoCo - Montpellier Contemporain. Prima di Inclusioni, ha pubblicato cinque saggi teorici: Estetica relazionale, Forme di vita, Postproduction, Radicante e L'exforma, tutti pubblicati in Italia da Postmedia Books. | Compra questo libro insieme a Radicale e radicante
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