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L'arte nell'era postmediale
Marcel Broodthaers, ad esempio

di Rosalind Krauss

postmedia 2005
64 pp.
-- 40 illustrazioni
isbn 9788874900206



12,60
 


L'autorevole scrittura di Rosalind Krauss analizza l'arte concettuale degli anni Sessanta e Settanta utilizzando come "esempio" il lavoro di Marcel Broodthaers. Secondo Krauss, se l'arte cambia è perchè vi sono artisti che pongono le premesse perchè ciò accada. L'arte moderna, ad esempio, ha messo al centro delle proprie priorità l'investigazione delle specificità dei mezzi utilizzati dagli artisti. Il noto critico americano Clement Greenberg sosteneva che la specificità di un mezzo consiste nelle sue proprietà materiali e dunque – per quanto riguarda la pittura – nella piattezza delle superfici. Rosalind Krauss, che con Hal Foster e Benjamin Buchloh ha fondato la rivista "October", ribalta la prospettiva greenbergiana analizzando il lavoro di Marcel Broodthaers e offrendo così una chiave di lettura critica illuminante degli sviluppi artistici negli ultimi decenni. L'artista belga, infatti, ha rifiutato questa condizione riduttiva del mezzo estetico, a favore di una condizione postmediale dell'arte che considera il mezzo come dispositivo complesso incorporandone convenzioni estetiche e strumenti tecnologici distinti dalle proprietà materiali del mezzo stesso. Rosalind Krauss ci conduce attraverso i passaggi centrali del percorso di un artista il cui lavoro oggi si rivela di stringente attualità. Negli anni in cui l'arte si ritrova a fare i conti con la globalizzazione dell'immagine al servizio del capitale, Broodthaers ci insegna come la specificità mediale non serva più a caratterizzare l'opera, ma la sua reinvenzione e riarticolazione permette agli artisti di avere strumenti in grado di produrre delle differenze.



Dalla prefazione di Rosalind Krauss:
"Al principio pensavo di poter semplicemente tracciare una riga sul termine mezzo, così da seppellirlo come tanti altri rifiuti tossici della critica, e procedere nel mondo della libertà lessicale. "Mezzo" sembrava troppo contaminato, troppo legato ad ideologie, dogmi, troppo dibattuto.
Mi chiedevo se potevo far uso dell’automatismo di Stanley Cavell, termine di cui si era appropriato per affrontare il duplice problema di fare riferimento al film come mezzo (relativamente) nuovo e di mettere a fuoco quanto gli sembrava non spiegato sulla pittura modernista1. Secondo lui la parola "automatismo" coglieva il senso in cui una parte del film è automatica, quella che dipende dalla meccanica della macchina da presa; si inseriva nell’uso di "automatismo" della tradizione surrealista, inteso come riflesso inconscio (illusione pericolosa, anche se utile, come vedremo); e conteneva la possibile referenza connotativa ad "autonomia", nel senso della libertà finale dell’opera rispetto al proprio artefice. (...) Al pari della nozione di mezzo o genere in contesti artistici più tradizionali, un automatismo coinvolgerebbe la relazione tra un supporto tecnico (o materiale) e le convenzioni con cui un particolare genere opera, si articola o lavora sul supporto. Tuttavia ciò che l’"automatismo" porta in primo piano rispetto alla tradizionale definizione di "mezzo" è il concetto di improvvisazione, la necessità di rischiare di fronte a un mezzo ora libero dalle garanzie della tradizione artistica. è proprio il senso d’improvvisazione che dà il benvenuto all’associazione verbale con "automatismo psichico"; anche se il riflesso automatico in questo caso non è tanto quello inconscio quanto piuttosto la libertà espressiva che è sempre contenuta nell’improvvisazione, lo spazio aperto che si crea nella relazione tra il piano tecnico di un genere e le sue convenzioni date – nello stesso modo in cui, per esempio, la fuga rende possibile improvvisare matrimoni complessi tra le sue voci. Le convenzioni in questione non hanno bisogno di essere così restrittive..."


Rosalind Krauss è una delle più autorevoli voci della critica statunitense, insegna Arte Moderna alla Columbia University. Specializzata nell’arte del 900 ha publicato numerosi libri ed è stata tra i fondatori delle riviste "Artforum" e "October". Oltre a L’arte nell’era postmediale, tra i titoli tradotti in italiano, ricordiamo: Teoria e storia della fotografia (Bruno Mondadori, 1996), Passaggi. Storia della scultura da Rodin alla Land Art (Bruno Mondadori, 1998), L’informe. Istruzioni per l’uso (con Yve-Alain Bois, Bruno Mondadori, 2003), Celibi (Codice, 2004), Reinventare il medium. Cinque saggi sull’arte d’oggi (Bruno Mondadori, 2005).


recensioni
La proposta della critica americana è sovversiva; per lei l'arte non è intrattenimento o estetica, non è mercato o piacere, ma appunto pratica sovversiva.







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