Anubis VS Baboon
Archeo fantasie di un mosaico romano del XXI secolo

a cura di Francesco Cavaliere e Leonardo Pivi



postmedia books 2022
112 pp. 42 ill. colore
formato 230x165mm 
isbn 9798351291918

 

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Anubis vs Baboon è un'operazione in cui passato e presente si intrecciano in modi inconsueti. Francesco Cavaliere e Leonardo Pivi, trasformano gli spazi per residenze d'artista di Gluck50, in un laboratorio di studio e analisi di un reperto archeologico di II-IV secolo, eccezionalmente trasportato a Milano, dal Museo della Città di Rimini che lo conserva. Un frammento di mosaico pavimentale, lacunoso ed enigmatico, che i due artisti esplorano, in un percorso a ritroso verso l'antico, così da poterne cogliere l'inconscio, afferrarne i possibili significati alternativi e riattivarlo nel nostro presente. Il risultato del loro lavoro è restituito nell'allestimento di un'installazione che include l'opera antica e una suggestiva performance, intessuta di voce e suono, in cui un oscuro esegeta, il Cavaliere Leonardo, mostra al pubblico il mosaico, raccontando la storia che nasconde. Il mosaico si trasforma e si dissolve fino alla scomparsa, tessera dopo tessera. Ne rimane, ora, una copia, non conforme all'originale, alterata, che porta i segni dell'inconscio che gli artisti hanno fatto affiorare.

Con saggi di: Daniele Torcellini, Piero Meldini, Emanuele Murgia, Giovanni Gaia, Francesco Cavaliere, Leonardo Pivi, Marco Senaldi, Matthew Vollgraff

Nel 1948, sotto la pavimentazione di un ristorante in via Fratelli Bandiera 16 a Rimini, fu scoperto un antico mosaico. Durante l'Impero romano, intorno al II secolo d.C., questo mosaico esotico ed esoterico era appartenuto a una casa borghese. Raffigura una scena che da lungo tempo sfida l'interpretazione iconografica: in un paesaggio desertico costellato di piante, un pastore dalla testa di sciacallo guarda un gregge di animali selvaggi fantastici, tra cui una sfinge, una giraffa e quella che sembra una grande genetta. Gli studiosi hanno dibattuto a lungo sull'identità della figura centrale, che è stata perlopiù considerata come una versione del dio egizio Anubi (ma anche, eccezionalmente, come un babbuino). Se queste congetture rispondessero al vero, tuttavia, il dio è stato spogliato di tutti quegli attributi iconografici tradizionali che lo identificano come un dio. È come se, da quasi due millenni, lo psicopompo divino stesse conducendo il suo strano gregge, in incognito, attraverso il tempo e lo spazio.
_ Matthew Vollgraff

Di fronte al rifacimento del mosaico di Anubi operato da Leonardo Pivi e Francesco Cavaliere, la domanda che ci sorge spontanea allora dovrebbe essere: è possibile un'arte che vada a ritroso nel tempo, ossia un'arte tachionica? Stando alle dichiarazioni degli artisti, che non solo hanno "ricreato" il celebre mosaico antico, ma hanno anche dichiarato che esso è un "prototipo dell'originale", certamente sì. E in effetti, osservando i risultati di quello che, invece di un Ritorno al Futuro, è piuttosto un Progresso verso il passato, sarebbe difficile dar loro torto: chi può dire se le interpolazioni dei due artisti non siano più vere di tutte le ipotesi che gli storici di professione hanno proposto sul senso e sulle lacune del mosaico? Il loro re-enactment non toglie forse il mosaico romano dalla sua ultrasecolare "antichità", restituendolo definitivamente alla nostra percezione più contemporaneo che mai, retrodatando il loro lavoro musivo, poetico e allusivo, a un impossibile "prima" dell'opera a cui si riferiscono?
_ Marco Senaldi

Grazie ai particolarissimi e fascinosi toni del verde Marecchia utilizzati per lo speciale manto della divinità, l'Anubis del nostro mosaico possiede tratti distintivi ben precisi che ne illustrano la simbologia e una stravaganza formale tale da far scaturire vivido quel sentimento di misticismo che ci riporta indietro a duemila anni fa. La pietra fluviale è utilizzata anche nelle zone d'ombra di alcuni animali, nelle fronde di una piccola quercia e per caratterizzare alcuni arbusti a foglie d'acanto, ma, come detto, è soprattutto nella pelliccia di Anubis che essa assume rilevanza, per la capacità di caricare di una potente espressività la presenza scenica di questo essere ibrido così ambiguo. E ciò che incuriosisce è che il valore vincente di questo colore lo si percepisce ancor prima di coglierne, a livello visivo, l'esatta funzione all'interno delle policromie impiegate. Risultato che, a mio avviso, non sarebbe stato possibile ottenere se questa divinità pagana fosse stata realizzata con altre tipologie di pietre. Nel mosaico, come nella pittura e nell'affresco, del resto, i materiali hanno sempre svolto un ruolo da protagonisti. Le maestranze antiche, nella loro scelta, non si basavano esclusivamente su esigenze di tavolozza, ma soprattutto sulla capacità di utilizzare particolari composti di pietre in grado di rendere in maniera efficace il messaggio iconografico.
_ Leonardo Pivi

 

 

 

 

 

 

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