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La macchina e il caso
La fotografia non realizza la riproduzione esatta del reale in immagine. Il procedimento fotografico deve, invece, essere designato come uno dei principali dispositivi di produzione sociale di realtà all'epoca del predominio della tecnica. Sempre di più le immagini tecniche si propagano su scala planetaria producendo fascinazione, informazione, sapere: svolgendo un'azione modellizzante di organizzazione strutturale del mondo che circonda l'uomo e che l'uomo stesso è. Immagini digitali, fotografia, cinema, stampa, pubblicità intessono trame complesse di desideri, concatenazioni simboliche, criteri di valore: promuovono in tal modo un habitat ecotecnico caratterizzato dal fatto che tali immagini detengono la capacità di spogliare la realtà della cornice logica in cui le colloca la rappresentazione. Procedendo oltre l'ottica già felicemente sperimentata di rintracciare le strette omologie che sempre più si sono andate stabilendo tra culture scientifiche e culture dell'immaginario collettivo e convinti che la somiglianza tra il dispositivo fotografico e l'opera di Marcel Duchamp La Sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche [1912-23] sia significativa al punto tale da consentire di trarne una lunga serie d'inferenze; in questo studio sociologico si vuole sviluppare l'analogia tra quest'opera di Duchamp, chiamata comunemente anche Grande Vetro, ed il dispositivo in questione. Giacché, sia il Grande Vetro che il dispositivo fotografico producono un cortocircuito spaziotemporale in grado di mettere a nudo, di esibire, di esporre, la realtà fenomenica del mondo.
L'oggetto di questo lavoro risiede dunque nella formulazione, nonché nell'attenta analisi e nel tentativo di verifica, dell'ipotesi che, sebbene detenga la possibilità di mettere a nudo il corpo reale del mondo inquadrato dal suo implacabile obiettivo, al pari della famosa opera di Duchamp, il congegno fotografico possa incontrare la realtà solo con il corpo e con lo sguardo, ma non possa in alcun modo sposarla.
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postmedia books | INDICE L'immaginazione è un posto dove ci piove dentro - La Sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche - La potenza-timida come disposizione immaginativa della realtà stessa - Arti rappresentative e arti presentative - Un'attesa senza debito e senza speranza di redenzione Forma e sostanza dell'espressione - Lo stigmatismo fotografico trasforma la realtà in una distribuzione ordinata d'informazioni luminose - La deiezione del sé cresce a dismisura - Il mistero religioso della fotografia - Lo spazio esistenziale - La logica del programma e l'irruzione del caso - postfazione di Michel Maffesoli
Carlo Grassi (Napoli 1958 _ vive a Parigi) insegna sociologia dei processi culturali e comunicativi all'Università Iuav di Venezia, dipartimento di Culture del progetto. Co-responsabile scientifico di "Creative Shift Studies" (CREA2S), è stato Visiting Professor all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Paris; e docente affidatario all'Université Paris XIII. Ha pubblicato testi sul cinema, Tempo e spazio nel cinema, Bulzoni, e sulla fotografia, voce Fotografia in Letteratura Italiana, Einaudi; le monografie De la réalité augmentée au réseautage social, Editions du Centre d'Etudes Sociales Emile Durkheim; Georges Bataille sociologo della conoscenza, Costa & Nolan; il manuale Sociologia della comunicazione, Bruno Mondadori. Ha curato e introdotto i volumi Jean-Luc Nancy, Dies Irae, University of Westminster Press; Law and the faculty of judgement, numero speciale di «Rivista di Estetica», 65, X; Georges Bataille, Conferenze sul non sapere e altri scritti, Costa & Nolan. Ha scritto per le riviste scientifiche «Art and Artifacts in Movie - Technology Aesthetics Communication», «Cahiers de l'Imaginaire», «Media Philosophy», «Mediterranean Journal of Human Rights», «Meridione – Sud e Nord del Mondo», «Rivista di Estetica», «Sociétés», «Sociologia del Diritto», «Teatro Pubblico», «Comunicazionepuntodoc», «Italian Studies in Southern Africa». | Compra questo libro insieme a Duchamp politique
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