il blues del delta

postfazione a "Il Blues del Delta" di Marino Grandi

Tra i luoghi comuni ce n'è uno che recita: il tempo è giudice imparziale, ma severo, a cui nulla sfugge. Ebbene, nonostante la sua apparizione avvenga quasi 35 anni dopo la sua pubblicazione negli Stati Uniti e sia un saggio quindi temporalmente allocato, il libro di William Ferris non ha perso quasi nulla della realtà oggettiva che descrive. Infatti "Il Blues del Delta" è ancora oggi sorprendentemente attuale nella sua semplicità, nonostante in questo lasso di tempo molto su questa forma musicale si sia scritto, detto, visto e ascoltato. Probabilmente il susseguirsi di saggi critici, conditi da elucubrazioni personali, filosofiche e lessicali, con cui per anni abbiamo convissuto, ci hanno fatto dimenticare che ci sono parole con cui si possono esprimere le speranze, i timori, le gioie e le disillusioni nel modo più semplice possibile. E queste parole sono quelle dei Bluesmen presenti in questo libro, e raccolte da Ferris durante i suoi viaggi effettuati tra il 1967 ed il 1976 nel profondo Sud degli Stati Uniti alla ricerca del Blues perduto. Questo è accaduto per scelta, in quanto l'autore, limitando al minimo la sua presenza, ha delegato loro il compito di parlare, finendo per trasformare l'opera in una ideale rappresentazione in 3D. Infatti, se da ogni pagina aperta emergono la figure in rilievo dei diversi musicisti (come accade nei libri per bambini), possiamo arrivare ad ascoltare la loro voce seguendo le parole sulla carta e, ma solo se avete tanta fantasia, udire persino la loro musica. Altro pregio da riconoscere a Ferris è quello di essere stato accettato all'interno della comunità di colore, al punto che i suoi partner comunicavano con lui conservando quella "schiettezza" di linguaggio solitamente riservata addirittura agli appartenenti dello stesso nucleo familiare. Nonostante l'autore abbia vissuto sulla propria pelle episodi di razzismo, da parte di alcuni bianchi della zona, che credevamo retaggi ormai dei tempi andati, è interessante notare come la dicotomia tra le generazioni non sia patrimonio dei nostri giorni. Già allora le nuove generazioni erano orientate verso quelle musicalità più vicine a loro ed in grado di incarnarne le esigenze, e abbandonavano quei vecchi interpreti che difficilmente si staccavano dalle proprie radici sonore. Oltre a ciò emerge la tendenza dei bluesmen a puntare su brani noti per aprirsi le porte del mercato, senza però tralasciare anche vecchi pezzi, riaggiornandone però il testo e soprattutto il ritmo. Altro punto importante è la differenza di repertorio tra ciò che il bluesman suona a seconda dell'occasione, e cioè se si esibisce per il pubblico nero o quello bianco, e quindi il dire ed il non dire. Ma i valori aggiunti di questo volume sono racchiusi verso la fine. Il primo riguarda la cosiddetta "festicciola", dal cui resoconto emerge prepotentemente il senso della comunità, dello stare insieme, del condividere, e dello scambio dei ruoli spontaneo che avviene tra invitati e musicisti in modo che tutti possano partecipare all'evento senza esclusioni di sorta. Il secondo concerne la raccolta delle lettere intercorse tra William Ferris ed i diversi artisti con cui era entrato in contatto, da cui spicca la profondità delle relazioni sociali instaurate tra loro e non conclusesi con la cessazione degli incontri. Sebbene tra le situazioni sopraddette molte non siano cambiate nel tempo (le abbiamo toccate con mano nei nostri viaggi), alcune sono mutate. Un esempio? James "Son" Thomas nel 1968 si «esibiva esclusivamente per la gente di colore dalle parti di casa sua a Leland…», ma vent'anni dopo riuscimmo, attraverso la nostra rivista "Il Blues" e quindi al di fuori dei circuiti ufficiali dei promoter, a portarlo in Italia per suonare a Milano ed al Festival Blues di Nave. Ricorderò sempre come, durante il viaggio in auto dall'aeroporto a Milano, guardasse i campi circostanti chiedendoci «…ma li coltivate vero?». Il suo Spirito era nella Terra. Il Blues il suo aratro. Ed in questo libro, esempio dell'incontro senza scontro tra due mondi culturalmente diversi ma desiderosi nel cercare di capirsi, li troverete entrambi. La Terra e il Blues.

Marino Grandi










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