Girl Stowaway

di Tacita Dean
  La storia di Girl Stowaway (passeggera clandestina) è iniziata trovando una fotografia in un libro. Da quando ho iniziato a raccogliere informazioni per documentare il suo strano, illecito viaggio dall’Australia all’Inghilterra, mi sono ritrovata imbarcata in un altro viaggio più emotivo, precisamente il viaggio che fa parte del processo di ricerca.
Il suo viaggio l’ha portata da Port Lincoln a Falmouth. Aveva un inizio e una fine, una temporalità ben definita. Il mio viaggio non segue una narrazione altrettanto lineare. È iniziato nel momento in cui ho trovato la foto, ma da allora ha seguito una traiettoria sinuosa attraverso ricerche non segnate sulla mappa, verso destinazioni non scontate. Era diventato un passaggio dentro la storia, lungo la linea che divide i fatti dalle invenzioni, più simile a un viaggio lungo un mondo sommerso dove interventi del caso e incontri epici contano di più che in qualunque altro posto che io conosca. La mia storia parla della coincidenza, di quello che è stato invitato e di quello che non lo è stato.
La cosa notevole del suo viaggio è che lei lo ha compiuto fino in fondo; una sera, lei era in vacanza sulla riva del mare, ha deciso di nascondersi nella stiva di una nave imponente, la Herzogin Cecilie. Il mio viaggio era meno deliberato, e benché all’inizio si trattasse di raccogliere informazioni su di lei, per me è diventato un pretesto per seguire una traiettoria strana e tortuosa.
“Ma questa persona che abbiamo visto apparire improvvisamente era una ragazza miserabile, dai capelli in disordine, sofferente di mal di mare. Vestita da ragazzo, la sua figura spigolosa sosteneva la parte. Era in qualche modo femminile. Verde in viso, aveva il naso rosso e senza cipria, e i ciuffi di capelli color topo sbattevano al vento come la paglia recalcitrante di una scopa logora”1.
La mia borsa fu inghiottita da una macchina a raggi X all’aeroporto di Heathrow. Stavo andando a Glasgow. La sera stessa mi sono ricordata che avevo messo la fotografia della ragazza clandestina tra le mie cose. Una settimana dopo, quando mi hanno avvisato che la mia borsa era stata trovata nella stiva di un aereo della Aer Lingus a Dublino, ho voluto sapere se la clandestina fosse stata in viaggio verso l’Irlanda.
“Lei chiese gentilmente ad uno degli ufficiali di bordo, quale fosse il posto migliore per un passeggero clandestino. Senza pensare che quest’informazione potesse essere presa su serio, lui le rispose. Lei prese il coraggio a due mani e approfittò dell’opportunità della danza per infilarsi nella stiva, dove rimase nascosta per settanta ore senza cibo, senza luce e con il terrore dei topi”2.
Stavo fotocopiando l’articolo sul naufragio dell’Herzogin Cecilie in un negozio, quando sentii Jean Genie alla radio. Subito dopo sono andata in città e ho comprato il disco. Quella sera stavo cenando con un vecchio amico francese della mia madrina. Mi spiegava che in francese il suo nome, Genet, come Jean Genet, era il nome di un fiore, quel fiore giallo che si trova in riva al mare. “Ci sono molte ginestre in Cornovaglia” ha aggiunto, entrando nello spirito della coincidenza.
“Si direbbe che le donne avessero una relazione particolare con l’Herzogine Cecilie. Nel 1928, una ragazza australiana di nome Jean Jeinnie, si imbarcò clandestina travestita da ragazzo e, in seguito pubblicò un diario delle sue avventure intitolato The Log of a Happy Girl (Il diario di una ragazza felice)”3.
Eravamo seduti sul ponte mentre passavamo al largo di Dodman Point, immaginando come potesse apparire Capo Horn all’equipaggio dell’Herzogin Cecilie, quando una nuvola enorme, a forma di montagna, comparve dal capo di Cornish. Mai visto niente di simile a memoria d’uomo.
“Per sedici giorni la fortuna sembrava accanirsi contro l’Herzogin Cecilie che incontrava nebbia, mare piatto, grandine e venti avversi. Così fu costretta a dirigersi a sud, dopo l’isola di Campbell, fino a 55 gradi a sud e infine trovò un vento da ovest che le consentì di iniziare il viaggio ad est per Capo Horn. Di comune accordo, la cattiva sorte fu attribuita alla presenza di una donna imbarcatasi clandestinamente scoperta il secondo giorno di navigazione”4.
Avevamo deciso di incontrarci sul luogo del naufragio dell’Herzogin Cecilie, in una giornata calda e senza vento, con la bassa marea. Era un luogo d’incontro segreto dal momento che la nostra conoscenza era dovuta unicamente al mio interesse per la passeggera clandestina e per la nave sulla quale si era nascosta. Avevamo montato la tenda su un promontorio, sopra i resti sommersi della grande nave e c’eravamo svegliati presto la mattina seguente per girare il film. Avevamo messo via l’attrezzatura nel pomeriggio e stavamo andando a fare un bagno a Soar Mill Cove.
Più tardi abbiamo saputo che quel pomeriggio una giovane donna era stata uccisa a Starehole Bay. Era passata vicino a noi e non era certamente distante quando era morta. La polizia ha voluto ascoltarci separatamente e conoscere tutti i dettagli del nostro viaggio alla scogliera, così abbiamo dovuto parlare della nostra prima notte insieme, soggetto che avevamo a stento evocato entrambi. Il sabato seguente, The Guardian pubblicò una fotografia di Starehole Bay dove si distinguevano i resti del naufragio appena sotto la superficie dell’acqua: la loro prima apparizione nazionale dopo il fatto accaduto nel 1936.
“La Duchessa restò un anno circa a Starehole Bay, come un richiamo sinistro della pericolosità della costa del Devon e oggetto di curiosità per i vacanzieri. In seguito, ancora una volta, arrivò un forte vento da sud est ad affondarla. Questa volta le grandi onde la ridussero in pezzi. I suoi fieri alberi crollarono nelle acque circostanti e lei sparì nella notte”5.

1. Alan Villiers, The Set of the Sails. The Story of a Cape Horn Seaman, New York, Scribner, 1949
2. Basil Lubbock, The Last of the Windjammers, Glasgow, Brown, Son & Ferguson, 1927
3. Lake’s Falmouth Packet, maggio 1936
4. William Lenson, Arnold Derby, The Tall Ships Pass. The story of the last years of deepwater square-rigged sail, embodying therein the history and detailed description of the Finish four-masted steel barque “Herzogine Cecilie”, Londra, J. Cape, 1937
5. John P. Cresswell, The Loss of the Herzogin Cecilie, Artscape Publications, 1994